E’ difficilissimo non scadere nella retorica, nelle frasi fatte, in quelle vuote e nell’ipocrisia quando muore un personaggio noto e amato dal pubblico come Totò Schillaci. Lo è ancora di più quando si parla di eroi del calcio. Ma non è né retorica, né un riconoscimento di maniera affermare che l’attaccante siciliano fu il volto che più di ogni altro, e per forte distacco, ha rappresentato le Notti Magiche di Italia ’90. E c’è una ragione precisa per la quale ne parliamo su un quotidiano che si occupa di economia.
Notti Magiche spartiacque per l’Italia
L’Italia quei mondiali di calcio li organizzò dopo la bellezza di 56 anni e a distanza di otto dalla splendida vittoria del 1982. Al netto dei soliti sperperi, di ritardi nelle consegne dei lavori e di occasioni sprecate (un’esclusiva che avremmo imparato essere non soltanto italiana), quell’evento divenne l’occasione per celebrare il nostro orgoglio nazionale. Attenzione, orgoglio e non riscatto. Venivamo da un decennio di crescita dell’economia, di progressi, di scalate nelle classifiche internazionali del benessere e dell’innovazione. Non c’era nulla da cui riscattarci, bensì molto da celebrare.
Gianna Nannini ed Edoardo Bennato scrissero (insieme a Giorgio Moroder) e cantarono Notti Magiche, che senza troppi giri di parole fu e sarebbe rimasto il migliore inno mai intonato per un mondiale di calcio. Noi italiani vivemmo quel momento con gioia, eccitazione, speranza. Ovunque fu un proliferare di gadget dell’omino di Italia ’90, ovunque si cantava a squarciagola “la canzone dei mondiali”. L’esordio per gli Azzurri non fu brillante. Contro una modesta Austria non si stava andando oltre lo 0-0. Poi, il commissario tecnico Azeglio Vicini si decise di fare entrare in campo Totò Schillaci, che non aveva ottenuto la maglia di titolare.
Sconfitta contro Argentina, fine del sogno
Il siciliano, che arrivava dalle file del Messina, aveva 25 anni e rotti. Un semisconosciuto fino a pochi mesi prima al grande pubblico dei tifosi. Gli occhi spiritati per l’esultazione dopo i gol entrarono nelle case di tutti e ci sarebbero rimasti per sempre. Ne avrebbe segnati altri cinque, compreso quello nella finalina contro l’Inghilterra. Gli valsero il titolo di capocannoniere del torneo e il secondo posto per il Pallone d’Oro, vinto quell’anno dal tedesco Lothar Matthäus.
Le Notti Magiche furono un crescendo di emozioni e gioia fino a quella maledetta semifinale contro l’Argentina di Diego Armando Maradona. Gli Azzurri persero ai rigori. La finale sarebbe stata disputata dai sudamericani contro la Germania Ovest, la quale trionfò. Le sensazioni di quelle settimane non furono cancellate, anche se Schillaci dalla semifinale in avanti sarebbe diventato il simbolo di una festa nazionale interrotta sul più bello, di un allegria amara, di una cocente delusione dopo tanta esaltazione più che giustificata.
Anni Novanta inizio di un incubo nazionale
Quello che non sapevamo, è che le Notti Magiche sarebbero state l’ultimo momento di gioia prima di entrare in nell’era buia e maledetta del declino su praticamente ogni fronte. Sul piano simbolico, esse segnarono la conclusione della Prima Repubblica per via giudiziaria. Il linguaggio sui media sarebbe cambiato molto presto. Espressioni come “finanziarie lacrime e sangue”, “austerità”, “tagli alla spesa”, “aumento delle tasse”, “risanamento fiscale”, “sacrifici”, “abbiamo vissuto sopra le nostre possibilità”, entrarono tutte a far parte del nuovo vocabolario dell’italiano medio.
Schillaci ripercosse un po’ la stessa sorte infausta della Nazione per cui indossò con orgoglio e onore la maglia.
Clima cupo dopo Italia ’90
E’ la dura legge del calcio, anzi della vita. Finché vai a segno, sei un grande; se sbagli un gol, diventi uno scarto da espellere. Cinicamente ineccepibile in sé, anche se resta la sensazione che dopo le Notti Magiche l’Italia si sia incupita. E non parliamo soltanto di sport. Quell’allegra spensieratezza nell’accogliere le altre nazionali da tutto il mondo lasciò il posto alla recriminazione, agli insulti, ai mugugni, all’odio contro il passato, alla paura per il futuro, all’autofustigazione oltre ogni limite, al piagnisteo collettivo, alla rabbiosa domanda di cambiamento radicale costi quel che costi, alla visione di nemici interni ed esterni sempre nuovi e più numerosi.
Chi dice che il calcio non sia metafora della vita, forse avrebbe da ricredersi. La coppa alzata ai mondiali dell’82 simboleggiò un decennio vincente per l’Italia su tutti i fronti. La sconfitta di Italia ’90 spalancò le porte a una fase interminabile di resa dei conti e ricerca di una vita di uscita dall’impasse. Gli anni successivi furono vissuti all’insegna della speranza che l’euro ci avrebbe salvati da un destino altrimenti infausto. Ci volle poco per capire che non sarebbe stato così. Nel calcio qualche altra soddisfazione è arrivata: i mondiali vinti nel 2006 e gli europei nel 2021. Sprazzi di gioia tra un malcontento e l’altro.
Notti Magiche ricordo sbiadito
L’addio prematuro di Schillaci rende più amaro il ricordo delle Notti Magiche. Quelle note risuonano quasi funeree, la gioia vissuta in quelle settimane si sbiadisce e lascia il posto a sentimenti più bui. Avanza il dubbio che avremmo dovuto e meritato di vivere meglio tutti quegli anni che vanno da Italia ’90 ad oggi. Avremmo meritato politici più capaci, economisti più onesti e pratici, media meno negativi e critiche esterne meno severe. E’ valsa la pena fustigarci come popolo oltre l’inverosimile e perdere così di vista la gioia del tempo in cui abbiamo vissuto?