C’è una novità, anzi un ritorno nella manovra finanziaria del governo Meloni. Il voucher per il lavoro occasionale sarà ripristinato a partire dall’1 gennaio prossimo. Non se ne era andato mai del tutto, ma negli ultimi anni quasi non se ne percepiva più l’esistenza. Si tratta di buoni, dal taglio cadauno di 10 euro, che le imprese potranno acquistare dall’INPS, ma in alcuni casi anche da Poste Italiane e tabaccherie, per retribuire le ore di lavoro occasionale svolto da terzi alle proprie dipendenze.
Il percorso dei voucher lavoro tra i vari governi
Ad introdurli fu nel 2003 la legge Biagi sotto il governo Berlusconi. Debuttarono concretamente sul mercato nel 2004 e tra il 2008 e il 2017 ne furono acquistati 433 milioni di pezzi. I voucher furono potenziati dal governo Letta nel 2013, in quanto non fu richiesto che il loro utilizzo fosse legato al solo “lavoro occasionale”. L’anno prima, il governo Monti aveva alzato la soglia di utilizzo nell’anno da 3.000 a 5.000 euro. E ancora nel 2015 con il Jobs Act del governo Renzi, tale soglia fu innalzata ulteriormente a 7.000 euro. Nel 2017, invece, il governo Gentiloni provvide all’abolizione di tale strumento tra gli applausi dei sindacati e le proteste delle imprese.
Non è finita. Nel 2018 fu il decreto “Dignità” con il governo “giallo-verde” di Giuseppe Conte a reintrodurli, ma con stringenti limitazioni: tetto annuale di 5.000 euro per lavoratore e per le sole imprese del comparto agricolo e turistico fino a 8 dipendenti. Stando alle indicazioni in manovra, tale tetto sarà innalzato dal 2023 a 10.000 euro. I voucher dovrebbero essere a disposizione di tutte le imprese per lo svolgimento di lavoro occasionale all’infuori del lavoro ordinario svolto dai dipendenti.
Ipocrisia di sindacati e partiti
I sindacati protestano e parlano di ritorno alla precarietà e allo sfruttamento. Lo stesso fanno le opposizioni. I primi dimenticano che lo sfruttamento nelle campagne e nelle imprese turistiche esiste ed abbonda già. Lamentano che gli scarsi controlli a causa della carenza di personale all’INPS non consentirà di verificare se dietro ai voucher vi siano posizioni di lavoro irregolari. Una contraddizione palese: almeno con i voucher esisterebbe una qualche forma di retribuzione formale e tutelata, anziché il lavoro nero assoluto.
Quanto alle opposizioni, non ci stupiamo più. I voucher per il lavoro occasionale nascono a destra, sono stati estesi per lungo tempo e poi sono morti a sinistra e sarebbero stati successivamente recuperati dai “grillini”. Se incentivano la precarietà, tutti i partiti ne sono stati responsabili. Invece, il discorso è molto più pratico e meno ideologico di quanto pensiamo: i voucher servono per lo svolgimento di lavoretti anche di poche ore o qualche giorno. Metti che a Ferragosto ti serve un banconista o un/a ragazzo/a in più per servire ai tavoli. Davvero credete che per qualche giorno un imprenditore vada all’INPS ad attivare la pratica delle assunzioni, con quello che ne consegue sotto il profilo burocratico?
Negli ultimissimi anni – basti pensare alle polemiche dell’estate scorsa – le imprese hanno riscontrato molte difficoltà nel coprire i “buchi” di organico nelle fasi di picco della loro produzione. Sono mancati raccoglitori di frutta e verdura, baristi, camerieri, cuochi, bagnini, ecc. Parte di questo problema è stato alimentato dall’assenza dei voucher, che per anni sono stati un modo sbrigativo di assumere personale per un periodo limitato e senza dovere sobbarcarsi la burocrazia (spesso pesante) che vi sta dietro.