Il 2020 potrebbe essere l’anno della web tax? Non solo i big digitali, ma anche per altre multinazionali è allo studio, in Italia e nel Mondo, una nuova imposta che consentirebbe un gettito fiscale in entrata importante.
Dove si paga la WEB tax: il quadro mondiale
Dalle Americhe all’Europa il quadro è ormai delineato. Nella maggior parte dei casi si sta optando per una tassazione in capo ai fatturati di queste società.
Parallelamente alcuni paesi stanno agendo per via giudiziaria per tentare il recupero tributario.
Il tema, comunque, non è dei più semplici. Uno dei principi cardini di diritto tributario è il cosiddetto presupposto territoriale, ciò significa, in linea di principio, che la tassazione in capo ad un qualsiasi soggetto dipenderebbe, fra le altre cose, dalla sua effettiva presenza fisica all’interno del paese che intende tassarlo, secondo la generica accezione della “Stabile Organizzazione”.
Principio, di fatto, oggi apparentemente superato. In questo contesto uno Stato ha il diritto di tassare un impresa per il solo fatto che venda prodotti e servizi all’interno dei confini nazionali.
Web tax: la situazione Italiana
In italia una legge analoga esiste già. Attraverso le ultime due finanziarie viene delineata una norma che prevede una tassazione del 3% sui fatturati di grosse società multinazionali.
Si tratta di un prelievo destinato a colpire le imprese con ricavi, ovunque realizzati, superiori a 750 milioni e ricavi derivanti da servizi digitali non inferiori a 5,5 milioni.
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In realtà, ad oggi, la web tax non è ancora entrata in vigore per mancanza dei decreti attuativi.
In altri paesi, come la Francia e la Spagna, è già partita da qualche tempo producendo cospicue entrate per le casse di questi paesi.
Donald Trump, come prevedibile, storce il naso e minaccia sanzioni per un’imposta ritenuta ingiusta, che andrebbe a penalizzare soprattutto i cosiddetti “Gafa” (Google, Apple, Facebook, Amazon).