Sarà il premier Li Qiang a rappresentare la Cina al vertice del G20 in India, in programma questo fine settimana. Lo ha annunciato il diretto interessato, che ha evitato opportunamente di fare riferimento al presidente Xi Jinping. Una decisione che ha reso “contrariato” il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. Questi avrebbe voluto approfittare del consesso internazionale per incontrare faccia a faccia il suo omologo di Pechino al margine dei lavori. Da quando è alla Casa Bianca, i due si sono visti di persona solamente una volta, per l’esattezza un anno fa a Bali e sempre al vertice del G20.
Che Xi abbia snobbato l’appuntamento, è qualcosa che non può passare in secondo piano. Ad incontrarsi saranno i capi di stato e di governo delle prime venti economie mondiali, tra cui ovviamente l’Italia. Insieme, rappresentano circa l’80% del PIL globale. La mancata partecipazione può considerarsi uno sgarbo al padrone di casa, il premier indiano Narendra Modi. Solo qualche settimana fa, i due erano stati insieme in Sudafrica per allargare i Brics a sei altri stati. Le porte sono state aperte ad Argentina, Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia e Iran.
Neanche Putin a G20 in India
Ma esistono tensioni latenti da alcuni decenni tra Cina e India. Riguardano essenzialmente la definizione dei confini. L’aggiornamento della mappa ufficiale da parte di Pechino ha acceso nei giorni scorsi lo scontro. Essa comprende lo stato indiano di Arunachal Pradesh e l’altopiano di Aksai-Chin. Entrambi sono rivendicati da Nuova Delhi. La verità è che i rapporti bilaterali sono solo una scusa per saltare il vertice del G20 ed evitare così di incontrare i leader occidentali.
La diserzione di Xi ha ragioni più profonde. La Cina è alleato della Russia di Vladimir Putin, sebbene sull’Ucraina abbia scelto il basso profilo per non aizzare le tensioni con l’Occidente.
Xi concentrato su dinamiche interne
Tuttavia, ci sarebbe una precisa strategia di Cina e Russia dietro alla diserzione del G20. I due paesi vogliono iniziare a delegittimare i consessi internazionali che ritengono rappresentare una copertura alle posizioni e agli obiettivi dell’Occidente. Del resto, essi puntano a potenziare i Brics, il blocco geopolitico dominato proprio da Cina, Russia, India e, in misura assai inferiore da Sudafrica e Brasile. Con l’ingresso nel club di grandi economie, alcune delle quali ricche, sperano di avere avviato irreversibilmente il conto alla rovescia per la nascita di un nuovo ordine mondiale.
Il depotenziamento di eventi come il G20 rappresenta un iniziale smantellamento delle istituzioni che hanno guidato negli ultimi decenni il processo di globalizzazione. La Cina vi si era inserita per sfruttare le opportunità di sviluppo offerte dagli interscambi commerciali e dall’attrazione dei capitali stranieri. Questo modello di crescita sta mostrando i suoi limiti. Lo scoppio della bolla immobiliare richiede a Xi di spostare l’accento dalle esportazioni ai consumi interni. Non sarà facile né sul piano prettamente economico, né su quello politico e sociale. In ogni caso, già con la pandemia il mondo ha iniziato a chiudersi. Le catene di produzione si stanno accorciando. Il resto lo fanno le tensioni geopolitiche.
Cina in fuga da organismi internazionali
In patria Xi vuole mostrarsi più interessato alle vicissitudini interne che non agli eventi fuori dalla Cina. La popolazione teme per la prima volta dopo molti anni di non riuscire più ad accrescere il proprio benessere.
L’Occidente non dovrebbe sottovalutare la diserzione di Xi in India. La sua forza deriva dalla capacità ad oggi mostrata di indirizzare il resto del pianeta verso decisioni a sé favorevoli. Non saranno solo i vertici internazionali nel mirino di Pechino. Organismi come Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale e Organizzazione Mondiale per il Commercio diverranno i prossimi obiettivi da abbattere. Fungono da cinghia di trasmissione per esportare nel mondo il modello di sviluppo di Nord America ed Europa. E alla Cina di Xi stanno ormai stretti.