Venerdì scorso, sul mercato forex in Asia sono avvenuti movimenti molto forti e che hanno richiamato le attenzioni degli analisti. Il tasso di cambio tra dollaro e yen è prima schizzato al livello più alto dal 1990, cioè a 151,94. Successivamente, è imploso fino a un minimo di 144,50 per chiudere la sessione a 147,68. Nella mattinata di oggi, il tasso è risalito a poco più di 149. Alta volatilità, dunque, che si sospetta sia legata a nuovi possibili interventi della Banca del Giappone. Secondo il Financial Times, l’istituto avrebbe liquidato asset per circa 30 miliardi di dollari durante la settimana scorsa, al fine di offrire sostegno al cambio.
Yen al collasso quest’anno
Nel mese di settembre, per la prima volta dal 1998 era intervenuto per 20 miliardi di dollari. Sono tutti tentativi di porre un argine all’indebolimento valutario. Lo yen scambia a -23% contro il dollaro quest’anno. La prima discesa in cambio per difenderlo era arrivata quando il cambio aveva toccato quota 145. Si speculò che la Banca del Giappone avrebbe ripetuto l’operazione al raggiungimento della soglia psicologica di 150. Invece, il governatore Haruhiko Kuroda ha scelto la strada più “dolorosa” per i trader: convincerli che avrebbe tollerato la salita, salvo intervenire a ridosso del cambio di 152.
Fino a quando questo schema potrà andare avanti? Gli analisti ritengono che, disponendo di riserve valutarie per 1.300 miliardi di dollari, la Banca del Giappone potrà andare avanti così per un’altra decina di interventi. Alla base della debolezza dello yen c’è la crescente divergenza monetaria con le principali banche centrali. A Tokyo restano i tassi negativi per lo 0,10%, mentre la Federal Reserve li ha già portati al 3,25% e forse a inizio novembre li innalzerà ulteriormente al 4%.
Possibile rialzo tassi FED più contenuto
La Banca del Giappone ha escluso di voler alzare i tassi d’interesse, cosa che spinge il forex a scommettere contro lo yen.
Difficile, però, che lo yen riesca a stabilizzarsi senza che o i tassi salgano in Giappone o aumentino meno del previsto negli USA. Da notare come Kuroda abbia scelto di intervenire a sostegno del cambio durante le ore di trading europeo e americano, quando la liquidità sul mercato forex nipponico risulta inferiore. In questo modo, verosimilmente saranno serviti minori risorse per risollevare il cambio o, a parità di risorse impiegate, l’effetto è stato maggiore. Resta il fatto che questi interventi perdono la loro efficacia solo dopo qualche ora. Sarà la FED a salvare lo yen allentando la morsa sui tassi?