Da inizio anno lo yen perde un altro 9,5%, pur risalendo dai minimi toccati alla fine di aprile, quando aveva oltrepassato la soglia di 160 contro il dollaro Usa. La Banca del Giappone teme che questo trend possa perdurare, visto che la Federal Reserve non si decide ancora a tagliare i tassi di interesse e, anzi, potrebbe farlo ben dopo l’estate, se non verso la fine dell’anno. Sarebbe un problema per Tokyo, in quanto un cambio più debole comporta il rischio di rincari per i prodotti importati, traducendosi in una nuova ondata di inflazione.
Taglio acquisti bond Giappone
Ed è per questo che l’istituto oggi ha annunciato acquisti di bond governativi con scadenze da 5 a 10 anni per 425 miliardi di yen (2,53 miliardi di euro). Rispetto alla precedente operazione del 24 aprile scorso, un taglio di 50,5 miliardi. Si è trattato della prima riduzione dal mese di dicembre. Anche se formalmente resta l’impegno ad acquistare bond fino a 6.000 miliardi di yen al mese (35,7 miliardi di euro), il segnale lanciato ai mercati è stato chiaro. A marzo, già il governatore Kazuo Ueda aveva annunciato un rialzo dei tassi di interesse dal -0,10% allo 0-0,10%. La fine della lunga era dei tassi negativi.
Rendimenti in Giappone risalgono
Per tutta risposta i rendimenti sovrani lungo la curva sono risaliti. La scadenza decennale si è portata allo 0,94%, ai massimi da circa sei mesi e mezzo. Cosa ancora più importante, viaggia di poco sotto alla soglia massima consentita dell’1%. Il trentennale rende ora, invece, più del 2%. Il governatore ha affermato che i rendimenti devono riflettere maggiormente le forze del mercato. Un modo per offrire sostegno allo yen, duramente colpito negli ultimi tempi dal cosiddetto “carry trade“. Esso consiste nella convenienza degli investitori ad indebitarsi in una valuta con bassi rendimenti per investire i capitali in un’economia in cui i rendimenti sono alti.
Tanto per avere un’idea, il Treasury americano a 10 anni attualmente offre il 4,50%, quasi cinque volte l’omologo nipponico. A questo punto, Ueda potrebbe, contestualmente o in alternativa a nuovi rialzi dei tassi, innalzare ancora una volta il tetto ai rendimenti. La mossa servirebbe per frenare i deflussi dei capitali e rafforzare così lo yen. Nei fatti, una stretta monetaria. L’enorme debito pubblico, al 265% del Pil, non consente alla banca centrale di compiere scelte azzardate. Anche pochi decimali di crescita dei rendimenti farebbero lievitare la spesa per interessi, gravando sul bilancio dello stato.
Sostegno a yen colpisce eurobond
Un paio di settimane fa, il Ministero delle Finanze aveva chiesto e ottenuto dalla banca centrale l’intervento sul mercato forex per sostenere lo yen contro il collasso accusato. Il cambio si era indebolito ai livelli minimi dalla fine degli anni Ottanta. La notizia del taglio degli acquisti dei bond non è stata accolta positivamente dal mercato obbligazionario europeo. Lo spread tra BTp e Bund si è leggermente allargato. Aumenta la concorrenza di Tokyo, un gigantesco mercato sovrano dal quale in questi anni nessuno si è dovuto guardare per via dei rendimenti infimi offerti. Se l’aria cambia anche nel Sol Levante, la domanda nipponica dei nostri titoli del debito non sarà più così scontata come abbiamo creduto.