Torna sotto quota 130 contro il dollaro lo yen. In poco più di due settimane, guadagna oltre il 4% e si porta ai massimi da inizio febbraio. Nel frattempo, i rendimenti dei bond in Giappone hanno indietreggiato. Il decennale offre intorno allo 0,25%, praticamente quanto il limite massimo fissato fino al dicembre scorso. Da tre mesi, infatti, la nuova soglia di tolleranza è stata raddoppiata dal governatore uscente della banca centrale, Haruhiko Kuroda, allo 0,50%. E nelle scorse settimane era stata violata per le vendite copiose sul mercato obbligazionario.
Politica sui tassi in Giappone non cambia (per ora)
Com’è possibile, quindi, che lo yen sia tornato a rafforzarsi, risalendo del 15% dai minimi di ottobre? Per prima cosa, dobbiamo segnalare che il cambio resta dell’11,5% più debole dei livelli pre-stretta monetaria globale. Chiarito ciò, dobbiamo ammettere che la direzione dello yen negli ultimi mesi è parsa sorprendente, al netto degli interventi della banca centrale a sostegno del cambio. Anche perché il nuovo governatore Kazuo Ueda, il quale s’insedierà tra tre settimane, ha prospettato una policy sostanzialmente invariata.
C’è che l’inflazione in Giappone a febbraio è scesa al 3,3% dal 4,3% di gennaio. Il dato “core”, al netto di alimentari ed energia, è salito al 3,5%, il più alto dal 1982. Rispetto alle altre grandi economie, il Sol Levante ha un problema d’inflazione molto contenuto, sebbene il target del 2% sia ampiamente superato. A titolo di confronto, nell’Area Euro l’inflazione è ancora all’8,5%, negli Stati Uniti al 6% e nel Regno Unito al 10,4%. Paradossalmente, i tassi reali nipponici per il momento risultano superiori a quelli di molte economie avanzate: al -3,4% contro il -5% dell’Area Euro e il -6,15% del Regno Unito.
Yen su con attese del mercato
In realtà, alla base della forza dello yen vi sarebbero le aspettative del mercato. Mentre si affievoliscono le probabilità che Nord America ed Europa continuino ad alzare i tassi, crescono per il Giappone. Magari non ci sarà una svolta ad U della politica monetaria, ma Ueda potrebbe rivedere qualcosa nell’impostazione attuale. Ad esempio, potrebbe cessare gli acquisti dei bond o anche solo tollerare rendimenti massimi più alti lungo la curva delle scadenze. Infine, potrebbe uscire dalla lunga era dei tassi negativi senza strafare. Gli basterebbe poco nei prossimi mesi per accontentare i mercati, data la direzione che verosimilmente prenderanno le altre banche centrali. E ciò rafforzerebbe lo yen, riducendo i costi dei beni importati e per tale via l’inflazione.
Il dato dell’inflazione si presta a due letture potenzialmente opposte, ma entrambe a favore dello yen. Da un lato, il calo di febbraio segnala che vi sarebbero poche ragioni per abbandonare il mercato nipponico alla ricerca di rendimenti reali più alti altrove. Dall’altro, il dato “core” lascia immaginare un qualche intervento necessario per fermare la crescita dei prezzi al consumo. Di certo c’è che la crisi delle banche di queste settimane fa esordire Ueda in condizioni ottimali. Non essendo coinvolti per ora istituti del Giappone e dato il cambio di linea probabile altrove, la pressione perché restringa le condizioni monetarie saranno contenute ad aprile.