Le novità sulla policy di YouTube
E YouTube sta già correndo ai ripari, cercando di assegnare maggiore potere agli inserzionisti, in modo che essi abbiano più controllo e contezza su dove andrà a finire la loro pubblicità. Il vice-presidente del product management, Ariel Bardin, ha spiegato qualche giorno fa quali iniziative la società intende adottare per rispondere alle richieste dei clienti:
- Lotta ai contenuti diffamanti e di odio razziale, sessuale, religioso, etc, arrivando a rimuovere gli spot pubblicitari dai siti che li ospitano;
- Maggiori poteri agli inserzionisti, affinché possano escludere la pubblicità dai siti ad alto rischio e targetizzare maggiormente le tipologie di video su cui pubblicare gli spot;
- Accelerazione del processo di revisione dei video “demonetizzati”;
- Lotta alle imitazioni di contenuti creati dagli utenti, in modo da non danneggiare le loro entrate;
- Lotta alle discriminazioni: YouTube è stata utilizzata spesso da gruppi, che si considerano discriminati sui media tradizionali.Tuttavia, le restrizioni consentite agli utenti per accedere ai contenuti potrebbero avere provocato involontariamente discriminazioni ai danni di alcune categorie, come lamenta la comunità Lgbtq. La società promette di intervenire per evitare simili problemi.
Basterà un aggiustamento alla policy per attirare nuovamente la fiducia dei clienti in una società, che consente ogni minuto la pubblicazione di 400 ore di video nel mondo? Forse, qualcosa nel rapporto tra pubblicitari e internet sembra essersi rotto negli ultimi tempi, ma YouTube non è l’unica vittima. Anche Facebook sembra sempre più risentire delle lamentele sulle “fake news” e gli “hate speeches”, tanto che il governo tedesco di recente ha sanzionato i social per la loro riluttanza nel cancellare tempestivamente notizie infondate e post discriminatori. Il dubbio è che dietro l’improvvisa campagna di multinazionali e politici vi sia non tanto la volontà di combattere l’esplosione dell’odio in rete, quanto di censurare contenuti sgraditi e iper-critici verso interessi consolidati.